Donato Frisia nasce a Merate, il 30 agosto 1883. Fin da ragazzo, dà segni di quell’irrequietezza che sarà il tratto saliente del suo temperamento. In seguito ai continui contrasti col padre, che ostacola la sua decisione di iscriversi all’Accademia di Belle Arti, a sedici anni fugge di casa. Nel 1904 torna a Merate e finalmente l’anno successivo si iscrive a Brera, che frequenterà sotto la guida di Cesare Tallone, Camillo Boito ed Enrico Butti.
Nel 1910 espone per la prima volta alla Permanente, a Milano. È un vero successo per il giovane artista elogiato da Gaetano Previati, Angelo Morbelli e Vittore Grubicy.
Nel 1913 espone alla Quadriennale di Monaco di Baviera, mentre nel 1914 partecipa alla Biennale di Venezia, dove esporrà pressoché ininterrottamente fino al 1950.
Nel 1919 Frisia compie il suo primo viaggio a Parigi, dove nasce l’amicizia con Modigliani, testimoniata dai cinque ritratti che Modì eseguirà dell’amico. Durante questo primo soggiorno nella capitale francese Frisia frequenta anche Picasso e Braque.
A partire dal 1920 l’attività espositiva è molto intensa, sia in gallerie private, sia in musei: in Italia e in Europa.
Lunghi e frequenti negli anni trenta i soggiorni a Parigi, Londra, Vienna, e i viaggi in Africa e in Asia. Orio Vergani scrive: “Nei romanzi di Conrad c’è qualche tipo che assomiglia a Frisia”.
Nel 1940 alla seconda edizione del Premio Bergamo, ottiene il secondo premio, davanti a Renato Guttuso. Nel 1941 la Permanente organizza una grande antologica di Frisia. Nel 1942 una vera e propria investitura: una sala personale alla Biennale di Venezia.
Muore a Merate il 13 dicembre1953. Sul letto di morte ha ancora la forza di tracciare un ultimo autoritratto. Un ultimo disperato quesito sulle soglie del nulla.
Nel 1954 alla Galleria d’Arte Moderna di Milano si aprirà una grande mostra commemorativa. E due anni dopo a Roma, la Quadriennale gli dedicherà un’ampia retrospettiva. Il clima culturale del dopoguerra, con le sue contrapposizioni ideologiche, e poi i decenni di intensa sperimentazione non sono favorevoli allo studio dell’opera di Frisia. La sua riscoperta critica avverrà all’inizio degli anni novanta, quando la Banca Briantea di Merate patrocina una monografia che ricostruisce analiticamente l’intero percorso dell’artista. Le due grandi antologiche che verranno ordinate a Palazzo Albini, a Merate, e a Palazzo Bandera, a Busto Arsizio, tra il 1991 e il 1992, proporranno una rilettura dell’opera dell’artista. Da allora Frisia sarà puntualmente inserito nelle più importanti rassegne dedicate all’arte del novecento, accanto ai protagonisti di un secolo in cui trovano finalmente adeguata collocazione critica sia gli artisti che hanno sperimentato le infinite declinazioni formali, sia gli artisti che hanno continuato a sostenere una lettura realistica delle cose.
“Se Donato Frisia fosse nato a Parigi, oggi, l’Europa avrebbe un altro suo Utrillo”, scriveva Senesi. “Sventuratamente l’Italia, questo vivaio inesausto di artisti, è così fatta: che appena oggi, all’estero, si comincia a sapere che il nostro Ottocento ebbe alcuni grandi maestri della pittura”.