Nato nel 1971 a Milano. Nel 1985, all’età di 14 anni, Pietro si trasferisce a Como, dove frequenta il Liceo Classico presso il Collegio Gallio dei Padri Somaschi e si avvicina allo studio delle lettere antiche, della filosofia e della storia dell’arte. Dalla necessità emotiva di riuscire a catturare momenti e sensazioni ed interpretarli, a proprio modo, nasce sempre a partire dal 1985 il suo interesse per la fotografia. Ma è molto più tardi, nel 2003, che Raffaele compra la sua prima fotocamera reflex digitale e inizia a sperimentare con la luce e i colori e a scoprire il mondo della fotografia digitale. Nel frattempo, laureatosi presso l’Università Luigi Bocconi di Milano e divenuto consulente nel settore dell’alta finanza, si trasferisce nella metropoli finanziaria di Francoforte sul Meno, dove ha modo di coltivare anche il suo interesse per l’architettura. E’ questo un periodo di forti mutamenti, che sono ben visibili nelle sue fotografie. Questo periodo Raffaele lo descrive come uno “stravolgimento emotivo”, ma rappresenta una necessaria esperienza di vita. Un confronto sui valori essenziali: cosa è fondamentale, cosa perduto, cosa reale. A partire dal 2008, attraverso Cristina Gilda Artese e l’Associazione Arsprima, inizia ad esporre le proprie fotografie artistiche in contesti ufficiali sia in Italia sia all’estero scegliendo come pseudonimo il nome del nonno materno Pietro Broggini, che per lui fu, oltre che un affetto importante, un esempio di vita e di uomo. Per L’Associazione Asprima è stato non solo un interessante e sensibile artista da promuovere, ma anche un prezioso sostenitore, avendo aiutato attivamente a diffondere il nome dell’associazione in Germania. Raffaele, Pietro, è scomparso prematuramente e tragicamente il 22 giugno 2013, ma il suo lavoro di fotografo continua ad emozionare ed ad essere fonte di interesse per appassionati di fotografia.
“LA MIA OPERA” di Pietro Broggini
“Il mondo nel quale viviamo e’ un mare in perpetuo moto caotico, coinvolgente-sconvolgente, popolato da esseri indifferenti, ma con alcune (proprio poche) isole di bellezza sconvolgenti. Il mondo attuale ha perduto il senso dell’individuo, in quanto ha relegato l’uomo in secondo piano.
Il mio lavoro fotografico agisce sull’alterazione del punto di vista e gioca sull’inganno dello sguardo come metafora delle tante vie possibili a cui siamo costantemente esposti. Mi piace, lavorando sulla tecnica dell’ immagine, astratta, adattata o riflessa, creare nuovi spazi di natura onirica, che diventano un unico scenario ove si muove (a volte visibile) un immaginifico personaggio autoreferenziale.
Non credo particolarmente alle cose fine a se stessi, in quanto cerco sempre un messaggio, una ragione, un’ emozione originale, a volte anche dove non c’e’. Il mio elemento e’ decisamente l’aria. La funzione della coscienza che Jung lega a questo elemento e’ il pensiero. In effetti mi sento sempre spinto da voler concepire e realizzare nuove idee e progetti, allo studio delle cose e delle situazioni, ma piu’ come spettatore esterno che come attore partecipe della vita. Uno spettatore pero’, molto osservatore-attivo e attento.
Cerco nelle mie opere di creare un unico spazio virtuale da me stesso evidentemente provocato, quasi a simboleggiare che il Sè non può essere statico, ma muta, e proprio in questa mutevolezza si completa. Io sono doppiamente presente come spettatore-attore. Interno ed esterno, dentro e fuori sono simbolo di un Sè che si comprende e di un Sè che si nega nei propri passaggi di stato. La dualita’ e’ un tema che molto mi affascina. Definirei il mio percorso creativo come percorso mirante a se stesso in modo autoreferenziale, rendendo quell’atto stesso rappresentazione del Sè mutante. Con cio’ intendo che i miei lavori sono sempre il risultato di analisi su me stesso, sul mio subconscio, una introsprettiva che mi permette di crescere conoscendo me stesso sempre di piu’.
Riguardo ai contenuti, sto’ lavorando sempre cercando di seguire una linea fortemente autoreferenziale. Sensazioni legate al mio stato presente, di forti cambiamenti e decisioni, mi fanno scegliere temi legati alla malinconia, alla paura, alla mutazione. Per quanto riguarda lo stile, cerco di rappresentare stati emotivi forti tramite pochi elementi seguendo una specie di minimalismo formale di fondo”.